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Non un io, ma un noi.
È questo lo spirito che anima da sempre il mio impegno politico e il nostro progetto. Ed è questa la premessa con la quale ho deciso di candidarmi alla segreteria regionale del Partito Democratico. Consapevole che il mio nome è solo la sintesi di un lungo percorso partito da lontano, dai territori e dalle persone che ne fanno parte. Insieme a me, c’è una squadra di donne e uomini che mettono insieme idee e progetti per migliorare la società di cui fanno parte, che lottano insieme e fanno sentire la loro voce, anche per chi non può farlo. Persone che ormai da tempo chiedono un cambiamento vero: coltivare l’ambizione di un rilancio su basi nuove. Senza disconoscere la nostra storia, una grande storia che non può essere oscurata dagli errori di pochi. Con la consapevolezza che l’unico modo di difendere i nostri valori è riaccendere una speranza, costruendo un partito radicato e diffuso, basato sui territori e non sulle correnti, sulle persone e non sulle individualità. Questo sarà il mio impegno sin da oggi, per quello che considero un punto di inizio, non di arrivo. Oggi è il giorno in cui la nostra comunità torna a parlarsi e confrontarsi, a fare politica, insieme, per i tanti, e non per le singole ambizioni di qualcuno. Voglio quindi rivolgere un appello a coloro che hanno partecipato fin qui a questo dibattito, ma anche a tutte le persone che hanno a cuore le sorti del Partito Democratico e a chi, sfiduciato, negli anni si è allontanato dalla nostra comunità: incontriamoci, confrontiamoci e a lavoriamo insieme per gettare le basi e rigenerare il nostro partito, senza organigrammi precostituiti. Se avremo questa forza, potremo davvero voltare pagina, e diventare autori di un nuovo capitolo di questa nostra lunga storia che, per anni, è stata motivo di orgoglio per tanti nostri concittadini, e che non merita di essere cancellata per gli errori di pochi. Ora servono coraggio e coerenza, capacità e generosità per una vera svolta con un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto, per proiettare il nostro il partito verso il futuro. Un nuovo PD, capace, in un panorama politico spaccato a metà, di portare avanti un progetto nuovo, ampio, serio, riformista, di sinistra. Capace, con la forza delle idee, di fornire un’alternativa valida e credibile alla peggiore destra di sempre. Aprire un campo nuovo, per navigare uniti in mare aperto. Insieme, per voltare pagina
PROGRAMMA DEL CANDIDATO ALLA SEGRETARIA REGIONALE DEL PD DELL’UMBRIA TOMMASO BORI.
MANIFESTO DEI VALORI E DELLE IDEE
La necessità di ricostruire un campo Democratico largo e di rigenerare un PD con funzione nazionale e locale, si muove dall’urgenza di trovare nuove forme di partecipazione politica che siano in grado di dare risposte adeguate ad una società in continua evoluzione. E’ il tempo della responsabilità e dell’impegno per quanti sentono l’urgenza di contrapporre la speranza alla paura, un noi collettivo all’io dominante, con l’obiettivo di trarre, anche dalle contraddizioni e dalle difficoltà di questo tempo, un motivo in più per riconsiderare l’opportunità di un nuovo inizio.
Gettare nuove e solide basi per affrontare con coraggio e lungimiranza il futuro, consapevoli di quanto alcuni fenomeni globali come la pandemia, la crisi economica e la precarizzazione del lavoro, stanno cambiando profondamente il nostro modo di vivere e lavorare. Serve dunque ripartire da un confronto democratico sulle idee e da una politica che si metta davvero al servizio dei cittadini e lavori nell’esclusivo interesse generale. Questo è ciò che intendiamo fare.
Per queste ragioni ci rivolgiamo a tutte le donne e a tutti gli uomini che, ispirati dagli ideali di Libertà e Giustizia, siano disposti a lavorare nella società per affermare i principi democratici di uguaglianza ed equità necessari a rimuovere tutte le condizioni di disparità che impediscono il dispiegarsi delle energie positive insite nella società. A tutte le persone che credono nel fatto che la Libertà sia il giusto e necessario equilibrio tra diritti garantiti dallo Stato e i mezzi per poterne godere.
In questo momento storico in cui sono protagoniste le paure derivanti dal peggioramento delle condizioni sociali e materiali rispetto al passato, c’è bisogno di un rinnovato sforzo per ricercare strade nuove capaci di garantire uno sviluppo economico equilibrato e l’accesso al lavoro senza cedere diritti conquistati in anni di battaglie. Salari e stipendi capaci di garantire vite dignitose, crescita dimensionale delle imprese, sistemi produttivi capaci di vedere nell’ambiente una risorsa e non un ostacolo, sono i principi ispiratori della nostra azione politica.
In questo momento in cui l’Unione Europea sta tentando di esercitare il proprio ruolo nella soluzione della più grave crisi economica e sociale dal secondo dopo guerra, c’è bisogno di Partiti Politici Nazionali capaci di arginare le spinte egoistiche presenti nella società quale reazione istintiva alle paure derivanti dalla precarietà materiale crescente per effetto della riduzione degli scambi commerciali globali.
L’individuazione nel diverso come nemico, portatore delle responsabilità del peggioramento delle prospettive della propria condizione e quelle della propria famiglia, è la reazione istintiva e naturale a cui la politica deve saper rispondere con soluzioni diverse rispetto a quelle proposte dalle vecchie e nuove destre.
Per riuscire a costruire un Partito Politico radicale nei fini e riformista nei metodi ci rivolgiamo a tutte le donne e gli uomini che credono nella funzione della politica quale strumento di crescita e di emancipazione della società e non quale strumento di affermazione e di realizzazione di destini personali. La deriva personalistica della politica, fenomeno conosciuto in epoca contemporanea, ha impedito la costruzione di comunità legate ed identificate da un comune senso valoriale: queste mancanze sono alla radice delle degenerazioni che hanno colpito recentemente anche la nostra Regione.
Sulla base di questi principi dovremo ricostruire un partito radicato, basato sui territori e non sulle correnti, con un gruppo dirigente diffuso, autorevole e plurale, presente nei luoghi di vita e capace di coniugare il protagonismo dei gruppi dirigenti locali con la necessaria funzione Regionale e Nazionale della propria azione politica. Un’azione improntata allo stimolo ed al sostegno delle energie positive presenti nella società, unico presupposto per una crescita armonica delle condizioni civili e materiali della stessa, come accaduto negli ultimi 50 anni.
Sulla base di questi principi dovremo sviluppare programmi amministrativi necessari per l’attuazione dei principi stessi, senza mai perderci nel falso mito del buon governo che rimane sempre uno strumento necessario per la traduzione della funzione politica dei partiti senza sostituirsi a questa. C’è bisogno di una comunità politica forte e salda nei propri valori ispiratori per riuscire a combattere le spinte disgregatrici promosse da forze politiche che hanno come unico fine il potere attraverso un atteggiamento paternalistico e giustificatorio degli egoismi presenti nella società.
Il nostro popolo ci chiede di coltivare l’ambizione di un rilancio su basi nuove: una netta rottura con il passato, prima di tutto rispetto ai metodi che hanno visto nella gestione del potere uno strumento di creazione del consenso; una modalità che ha finito per caratterizzare una pagina buia della storia politica della nostra comunità. In poche parole: una discontinuità senza disconoscimento.
Non possiamo permetterci, in alcun modo, un Congresso schiacciato sui nomi e sui ruoli o, peggio ancora, sui futuri incarichi, sui destini personali e sui percorsi dei singoli. Le parole cardine sono e devono essere partecipazione e condivisione: chiamiamo a raccolta quei Sindaci e Amministratori che rappresentano il primo contatto tra i cittadini e il PD, ma soprattutto quei militanti dei circoli ed esponenti territoriali, un tempo malamente utilizzati solo quali terminali di filiere di consenso, per cambiare marcia e coinvolgerli nella definizione di un’alleanza sociale diffusa capace di interpretare il futuro della comunità umbra in un contesto europeo.
L’UMBRIA REGIONE D’EUROPA
IL PROGRAMMA
L’Europa, con i suoi limiti da superare e con le sue grandi potenzialità da sviluppare è la nostra casa.
L’Europa ha battuto un colpo in questa crisi. Ora però tocca a noi. Tocca al Partito Democratico, il nostro partito, quello che nell’Europa ha sempre creduto anche nei momenti più difficili, quando le sirene degli antieuropeisti tuonavano forte. Quel ‘NOI’, che così spesso invoca il nostro segretario Zingaretti, ha una forza imparagonabile rispetto all’IO.
Quello che sino a qualche mese fa era impensabile, ovvero l’affermarsi della solidarietà finanziaria tra diversi paesi, è divenuto realtà anche per merito di quel NOI: una squadra che sia in Italia, sia in Europa, ha lavorato duramente per lo stesso obiettivo. E anche se va sotto nomi non immediati come Recovery Fund, Fondo Sure, MES, Fondi Bei, è oramai chiaro a tutti di cosa si tratti. Certo rimangono problemi aperti. La resistenza antistorica di alcuni Stati ci ha colpito, incapace di essere all’altezza del tempo, cartina di tornasole di divisioni e mancanza di una visione europea comune.
Tutto questo è vero, ma quello di questi mesi resta comunque un passo in avanti cruciale, il parallelo politico di quello che il ‘Whatever it takes’ di Mario Draghi era stato sul piano delle scelte di politica monetaria della Banca Centrale Europea. Senza questo passo avanti (i libri di storia lo ricorderanno) non saremmo oggi in grado di guardare al futuro. Se possiamo farlo è grazie all’Europa. Non dimentichiamolo.
Ora tocca a noi come istituzioni, statali e locali, e come italiane e italiani. Ed in questo “tocca a noi” uno spazio specifico lo ha il livello regionale. Semplicemente perché l’impegno che ci attende interessa molto direttamente la nostra regione, come tutte le altre regioni. Le gambe del Recovery Fund debbono essere ben piantate sui territori se vogliamo che promuovano quel cambiamento strutturale che richiede il titolo stesso #NextGenerationEU.
In Umbria, come nel resto del Paese, il rilancio dovrà passare da alcune parole d’ordine:
- Modernizzazione: una pubblica amministrazione efficiente e migliori servizi al cittadinofino a innovazione, ricerca e produttività;
- Transizione ecologica: la base del nuovo modello di sviluppo su scala globale, capace dicreare lavoro;
- Inclusione sociale e territoriale: riduzione delle diseguaglianze e della povertà,garantendo un livello più uniforme di accesso all’istruzione e alla cultura, per arrivare alrafforzamento del sistema sanitario in tutela della salute di tutte e tutti;
- Parità di genere: in un Paese che è al 70esimo posto per parità, bisognerà intervenire contro le discriminazioni nei confronti delle donne, dalla partecipazione al mondo del lavoro, alla retribuzione e alla qualità del lavoro, fino all’uguaglianza di genere nell’accesso alle posizioni decisionali a livello politico, economico e sociale.
Si dovrà inoltre investire sulla “bellezza” dell’Italia, si legge nel Piano di Rilancio italiano, quel capillare intreccio di storia, arte, cultura e paesaggio, rafforzando la tutela dell’immenso patrimonio artistico, culturale e naturale e, nello stesso tempo, promuovendo la fruizione, consolidandone le potenzialità e la capacità di attrazione di flussi turistici. La sfida è aperta, anchein Umbria, e tocca a noi dimostrare di esserne all’altezza.
Anche la nostra Regione dovrebbe pensare alla costruzione di un’Umbria più moderna,verde, competitiva e giusta, perno di un progetto più ampio che interessi tutta l’Italia centrale e di cui la nostra terra potrebbe proporsi come cerniera. Ed è proprio con questa prospettiva che dobbiamo cominciare a ragionare ad alcuni punti fermi di questa azione. Perché le gambe del Recovery si piantino bene, dobbiamo prima di tutto lavorare con grande attenzione sulla macchina amministrativa: rafforzare gli uffici di programmazione e quelli di attuazione. Ci vuole un luogo dell’amministrazione specializzato, definito in collaborazione con Università, sistema camerale, associazioni; un luogo capace di ‘pensare’ l’Umbria di domani e di definire i passaggi amministrativi per arrivarci. Insieme a questo passaggio organizzativo, dobbiamo scegliere le nostre questioni e i nostri progetti da portare all’attenzione nazionale.
L’accelerazione della ricostruzione, a quattro anni dal terremoto insieme al tema delle aree interne e del loro sviluppo. Il rafforzamento delle infrastrutture, viarie e ferroviarie, che ad oggi troppo spesso ci isolano. Un’azione per le piccole e medie imprese, con un programma che le aiuti a diventare più innovative, digitali e internazionali. E, ancora, questioni come la modernizzazione di un sistema sanitario pubblico che la pandemia ha mostrato centrale per la salute di tutti i cittadini e che le destre voglio smantellare; il rafforzamento delle nostre eccellenze, da quelle del distretto dell’aerospazio e della meccanica; il pieno sviluppo di un turismo sostenibile, fatto di cultura, natura e prodotti dei nostri territori.
È questo il nostro dovere di forze politiche e di amministratori. Non è impossibile. La sfida è tra le più belle: proiettare il volto dell’Umbria, italiano ed europeo, nel futuro. Questo è quello che dobbiamo fare in un passaggio storico così unico e sfidante come quello che stiamo vivendo.
Lo dobbiamo all’Umbria e agli umbri per assicurare una nuova fase di sviluppo.
RIPENSARE LO SVILUPPO SU BASI NUOVE: IL PD PER UN NUOVO INIZIO
Sviluppo non è solo questione di economia e finanza. Mai come in questo periodo ne abbiamo avuto la prova. Mai come ora abbiamo avvertito di trovarci ad un bivio. L’emergenza sanitaria ci ha fatto riscoprire minacce inattese e fragilità individuali proprie del mondo globalizzato. La necessità è quella di rispondere insieme. La vita è tornata al centro dei nostri pensieri: la vita da difendere, la vita da condividere, la vita da spendere bene, la vita da garantire alle prossime generazioni.
Si sono riaccese grandi questioni collettive: la solidarietà, la socialità, la responsabilità reciproca, la condivisione, il futuro. E quindi prima di tutto lo sviluppo. Quello sviluppo al quale non chiediamo più solo crescita, ma equilibrio; non più solo beni, ma benessere; non più solo produzione di ricchezza, ma condizioni di vita migliori per tutti. Perché una parte del nostro benessere dipende dal benessere altrui.
I sistemi economici e finanziari hanno mostrato i loro limiti: dallo sfruttamento smodato delle risorse del pianeta alla distribuzione e concentrazione della ricchezza prodotta, per la maggior parte fuori dai circuiti dell’economia reale, in processi di finanziarizzazione e speculazione. È con tutto questo che dovremo misurarci nei prossimi anni. È dentro questa cornice che dovremo calare le nostre scelte non più rinviabili: la svolta ambientale, la crescita culturale, l’interazione digitale, ma anche la solidarietà, la lotta alle disuguaglianze, la ricerca di nuove opportunità. Occorrerà mettere intorno al tavolo le migliori energie, far parlare tanti mondi, esplorare nuovi percorsi, sperimentare. È qui che l’Umbria, conosciuta in tutto il mondo per le sue bellezze, la sua armonia, la sua spiritualità, il buon vivere, i suoi legami sociali, la buona tavola, i luoghi incontaminati, le sue città a dimensione d’uomo e sostenibili, la qualità delle sue produzioni, potrà giocare un ruolo chiave: essere terra di costruzione di nuovi modelli di sviluppo.
Conosciamo e discutiamo da tempo i punti chiave su cui intervenire: le energie rinnovabili, le infrastrutture digitali, la mobilità sostenibile, le vie di collegamento, la conciliazione dei tempi di vita e lavoro, il sostegno alla natalità ed alla genitorialità, le strutture formative, le imprese innovative, il sostegno alla loro internazionalizzazione, le possibilità di accesso al credito, le opportunità per le nuove generazioni e per i più deboli. Il rapido ripensamento del mondo in cui viviamo ci chiede di accelerare. L’Umbria può e deve scoprirsi agile e reattiva, sapiente e innovativa.
Come accompagnare la transizione ecologica dei nostri settori produttivi? Grazie al Green New Deal che il governo ha inserito nella manovra finanziaria, che sarà una delle sfide più importanti da cogliere, strumento atto a rilanciare anche un’occupazione di qualità. Da una parte, inizieremo a fare la nostra parte per contribuire a salvare il pianeta, dall’altra contribuiremo a sviluppare un modello di economia circolare estremamente importante per la rinascita dei territori.
Servono investimenti sul sistema produttivo tali da stimolare questo processo storico e promuovere una piena e buona occupazione. Il Partito Democratico deve tornare ad essere il partito dei lavoratori, affrontando i nodi della precarietà, della fuga dei giovani del demansionamento, che rendono il lavoro, anche in Umbria, sempre più povero e meno sicuro.
Il Partito Democratico dell’Umbria ha di fronte questa sfida. Ciò chiede concentrazione di energie, di tutte le energie, sulle grandi sfide, abbandonando piccole diatribe, personalismi e rendite di posizione. Lo sviluppo ha bisogno anche della nostra generosità e di una visione sempre più aperta e sfidante, perché è sempre più forte l’esigenza di coniugare economia e diritti.
VERSO UN NUOVO MODELLO DI INNOVAZIONE SOCIALE: UN PARTITO DEI DIRITTI
Serve ritrovare parole chiare e proposte coraggiose, scegliendo da che parte stare rispetto ai temi fondamentali che riguardano la vita di ogni persona. In tal senso riteniamo si debba ripartire dalla difesa e dal potenziamento del ruolo della sanità pubblica, riaffermando un modello universalistico, che fa della qualità dell’assistenza e del radicamento sul territorio le proprie basi. Lo stesso vale per la scuola pubblica quale imprescindibile presidio di educazione, formazione e cultura delle nuove generazioni.
L’altra vera sfida sarà coniugare in modo nuovo e incisivo la lotta alle diseguaglianze che segnano la nostra società. Non possiamo pensare di promuovere politiche pubbliche senza tenere al centro le persone e il loro bisogni: ecco allora che torna la necessità di politiche interconnesse in un sistema circolare in grado di investire in qualità di servizi sociali e sanitari garantendo un sistema che consenta a tutti e tutte la stessa capacità di accesso. Dobbiamo dunque ritornare ad un concetto antico quanto attuale, la giustizia sociale. Un ritorno ai valori fondamentali: la solidarietà, l’inclusione, la responsabilità sociale, l’antifascismo e l’antirazzismo.
In questi anni l’Europa ha subìto una crisi economica, sociale e finanziaria, violentissima, che ha aumentato le diseguaglianze territoriali ed economiche anche nella nostra Regione. La crescente domanda di sicurezza, strumentalmente animata dalla destra, trova purtroppo un fertile terreno nelle molteplici e realissime problematiche generate dalla mancanza di sicurezza sociale.
Con maggiori certezze sul nostro futuro, su quello dei nostri affetti più cari e dei nostri figli, avremo probabilmente meno paura degli altri, vedremmo meno nemici dove, in realtà, non ce ne sono: il tema dei migranti legati alla carenza di lavoro è uno di questi. Le crisi di questi anni e le diseguaglianze in aumento ci hanno resi più soli e più fragili, tutto ciò acuito da una contrazione evidente della capacità di rappresentanza della politica e dei corpi intermedi. La risposta a queste criticità non può che essere collettiva, la società più sicura è la società più inclusiva, quella società che non lascia indietro nessuno, intervenendo e risolvendo le questioni sulla povertà e sulla marginalità sociale. Cruciali diventano allora gli interventi concreti, di rigenerazione urbana delle nostre città: i vuoti, non restano mai tali, se lasciamo un vuoto in uno spazio urbano, rinunciando al presidio democratico dei luoghi, con tutta probabilità saranno colmati dal disagio.
Intervenendo materialmente con servizi di prossimità, con qualificazione estetica riportando la bellezza, illuminando le aree più buie, sia in senso metaforico che materiale, creiamo i presupposti per tornare ad abitare i luoghi, ritrovando quei legami tra le persone che fanno delle nostre città e dei nostri territori, non più comunità naturali ma comunità di pratica.
Nell’ultimo decennio l’idea dell’innovazione sociale si è costantemente diffusa a livello europeo, come strumento strategico per affrontare le questioni sollevate dalla crisi finanziaria, economica e sociale. In questo contesto l’innovazione sociale è vista sempre più come una leva per implementare nuovi modelli per combattere la povertà e la vulnerabilità sociale, promuovere l’inclusione sociale e favorire la partecipazione attiva dei cittadini nella progettazione di nuove politiche per lo sviluppo. Il concetto di innovazione sociale implica la trasformazione sia del prodotto (servizi offerti) sia del processo (chi sono i fornitori di servizi e da dove provengono le risorse) al fine di migliorare efficacemente la qualità della vita delle persone. L’innovazione sociale, inoltre, si basa sulla capacità delle persone di connettersi in reti e di identificare soluzioni condivise, in particolare a livello locale, attraverso il coinvolgimento delle istituzioni pubbliche, di attori privati e non profit, nonché sulla connessione con il pilastro europeo dei diritti sociali, in un’ottica di prospettive future per il rinnovo dei sistemi di welfare.
Le modalità di risposta ai bisogni non sono più adeguate alle trasformazioni sociali e le risorse disponibili sono frammentate e spesso mal utilizzate: è fondamentale allora ragionare in una logica trasformativa con un approccio di sistema innovativo non solo nella modalità di risposta ma anche nel ricomporre le risorse e ripensare le governance territoriali. Fondamentale è sostenere le sperimentazioni nate dal basso, moltissimi gli esempi virtuosi nella nostra Regione, capaci di declinare nel concreto approcci innovativi (di governance, processi e servizi), e dall’altro approfondire e diffondere conoscenza delle realtà locali, dei bisogni e delle risorse che esprimono, sostenendo la costituzione di comunità di pratica che alimentino il confronto e lo scambio delle diverse competenze ed esperienze e la narrazione delle singole aspirazioni.
È lì che deve tornare la nostra quotidiana pratica politica, all’interno delle comunità, cercando contaminazioni e facendo esperienza del quotidiano, vicino alle persone, acquisendo gli elementi necessari e imprescindibili per chi si pone l’obiettivo di progettare politiche pubbliche utili e realmente efficaci.
INSIEME PER UN PARTITO CHE PROMUOVA LA CULTURA
Tra i tanti effetti che si registrano all’indomani del periodo di quarantena, c’è sicuramente l’impatto che ha avuto sul sistema culturale italiano. Si è evidenziata una fragilità che ha mostrato un comparto che in questi anni ha subìto gli effetti della crisi economica più lunga mai avuta da decenni. Per l’Italia, e per l’Umbria in particolare, questi elementi combinati impongono una stagione di riforme che diano un futuro alla funzione della cultura il suo ruolo primario: la crescita civile della propria comunità e la qualificazione della sua identità come fattore di attrazione.
Il regionalismo e l’uso delle risorse comunitarie, hanno garantito negli anni investimenti massicci sulla creazione di spazi per lo spettacolo e per la valorizzazione dei beni culturali della nostra terra. La visione di una crescita territoriale che accanto allo sviluppo economico fosse accompagnata dalla qualificazione della offerta culturale, è stata per decenni il tratto distintivo dell’Umbria. Sono nati così musei, si sono restaurati teatri, creati spazi che non hanno solo assunto una funzione tecnica ma che sono diventati parte della vita di città e fattori di attrazione generanti flussi turistici.
L’aspetto e l’effetto più rilevante di questa visione strategica è stato sicuramente il fatto di aver contribuito in modo determinante allo sviluppo civile e culturale di una intera comunità in modo diffuso. Oggi la mancanza di risorse da parte delle istituzioni locali e la fragilità strutturale dell’intero sistema culturale italiano e umbro, hanno evidenziato quanto occorra una capacità di indirizzo verso forme di produzione e di consumo culturale al passo con i tempi, soprattutto orientate alla formazione di un nuovo pubblico, originando una rinnovata capacità attrattiva dell’Umbria sulla base di un’offerta moderna di contenuti qualificati nelle varie componenti dello spettacolo e delle arti visive.
La proliferazione di eventi non può essere scambiata come un valore se a questi non si coniuga la qualità che è la sola leva per attrarre pubblico e offrire contenuti utili alla crescita culturale delle comunità locali. La pericolosa deriva populista e il fascino esercitato dall’autoritarismo in questa nostra epoca possono essere combattuti efficacemente solo attraverso una seria offerta culturale che indichi un modello sociale evoluto per l’Umbria.
Le grandi manifestazioni che hanno caratterizzato l’Umbria, hanno svolto questo ruolo, hanno conquistato una funzione e garantito una posizione dell’Umbria sul piano internazionale. Il confronto con altre culture, il senso d’apertura al mondo che ha contraddistinto le maggiori manifestazioni estive in Umbria, ha permesso alle città che le hanno ospitate e al pubblico che da tutta Italia veniva attratto da novità e qualità, di essere un cardine della identità dell’Umbria. Un ulteriore salto di qualità è possibile. Non può essere solo il lato commerciale a condizionare questa componente della vita della nostra regione. Spetta alle Istituzioni dare un impulso deciso in due direzioni, la prima verso un ruolo maggiore e manageriale delle strutture di gestione; la seconda verso il sostegno a progetti dedicati alla formazione di un nuovo pubblico e alla qualità artistica orientata verso produzioni di giovani artisti.
I grandi investimenti sugli spazi del recente passato consentono scelte che possono creare opportunità, far emergere nuovi operatori, dare spazio a produzioni culturali con lo scopo di restituire all’Umbria il suo ruolo di regione aperta e non confinata negli angusti confini della autocelebrazione e della stanca ripetizione di sé stessa.
L’Umbria per sua fortuna non è solo eventi, festival e attività culturali. La nostra regione è depositaria di un immenso patrimonio di beni culturali che ne distinguono il valore internazionale. Dagli anni settanta del novecento questo patrimonio è stato collocato in numerosi siti, sono stati ampliati spazi, ceduto parte del patrimonio pubblico per accrescere la superficie espositiva dando a molte città dell’Umbria una nuova opportunità per allargare i propri flussi turistici. Questa enorme risorsa, fatta di tanti beni diversi, diffusi in tutto il territorio umbro è un fattore identitario per l’intera comunità regionale testimoniato anche nell’attaccamento popolare registrato dopo i recenti terremoti.
Serve uno scatto in avanti nella politica per i beni culturali, che metta le Istituzioni locali in condizione di essere non solo i gestori, ma anche i promotori di una strategia di valorizzazione su cui basare la capacità di attrazione dell’itero territorio regionale. Un indirizzo a cui occorre guardare con fiducia avendo chiaro che la frammentazione dei progetti di valorizzazione si scontra con le debolezze strutturali di una piccola Regione come la scarsità di risorse e sia per la gestione che per la valorizzazione.
Diventa così improcrastinabile il ricorso ad una forma solidale di gestione, alla costruzione di una rete che metta in sinergia i beni culturali di tutto il territorio umbro con l’obiettivo di promuovere l’intero sistema. Non è immaginabile, nell’epoca della competizione internazionale tra territori, che si possa seguire solo la strada della promozione del singolo campanile. Mai come in questo caso occorre una svolta, una vera riforma del settore in grado di riaffermare il senso e la visione regionale della valorizzazione di uno dei fattori identitari di tutta l’Umbria. D’altro canto anche lo Stato, con la riforma Franceschini delle Soprintendenze e l’autonomia dei maggiori Musei italiani, ha cercato di spostare positivamente l’attenzione dalla conservazione alla valorizzazione, dando una visione differente e moderna al problema storico del nostro patrimonio culturale.
Non è più l’epoca in cui vedere i beni culturali come “petrolio italiano”, quanto piuttosto quella in cui stabile una politica per i beni culturali che sappia dare un senso culturale e di crescita sociale alla loro promozione.
Come dimostra il recente passato, è possibile coniugare grandi eventi espositivi alla valorizzazione di una delle specificità italiane a cui tutto il mondo guarda con ammirazione, originando uno dei flussi turistici più importanti verso il nostro Paese e verso l’Umbria.
UNA NUOVA COMUNITA’ ORGANIZZATA
L’Umbria ha bisogno di un soggetto politico democratico e riformista capace di incidere in una società in continua evoluzione. Di una comunità attiva, determinata, plurale e coesa.
La prima sfida, perciò, è quella di recuperare il senso profondo di una missione, ovvero quella di riportare il PD a riconquistare il proprio ruolo nella storia di questa regione. Per fare questo serve proporre in maniera chiara agli elettori quale cultura politica e quale visione della società orientano le nostre scelte. Il Partito Democratico deve avere l’ambizione di riaccendere la speranza e il coraggio di far sognare la nostra gente.
Innanzitutto agendo nella società prima che nelle istituzioni, recuperando la soggettività sociale, senza appiattirsi esclusivamente nei luoghi del governo. Un partito nuovamente organizzato, strutturato e diffuso per luoghi e per temi. Un partito moderno e radicato.
Il radicamento territoriale ha da sempre fatto parte del nostro DNA, consentendoci di avere un valore aggiunto rispetto a qualunque altra forza politica. Un’organizzazione territoriale che deve necessariamente adattarsi anche agli importanti mutamenti istituzionali sopraggiunti e in atto. Un partito diffuso nel territorio, nei luoghi di lavoro, che nello stesso tempo è capace di valorizzare al meglio i suoi rappresentanti. Un’organizzazione reale che non può non contemplare anche forme avanzate e innovative di organizzazione.
La rete e i social network non possono più essere un’appendice, ma devono diventare un altro degli strumenti attraverso i quali creare la nostra comunità politica, allargandola e rendendola “aperta”. Il radicamento deve essere inteso come capacità di essere vicini, di saper interpretare i sentimenti e le opinioni che ci sono fra i cittadini, di essere per loro un punto di riferimento. Il radicamento così inteso, passa quindi anche per la nostra azione amministrativa in tutti i comuni, dai più piccoli alle città capoluogo. In tal senso i nostri amministratori sono un elemento centrale della “comunità democratica”, che possono dare un contributo fondamentale alla formazione del pensiero del partito sulle tematiche che più hanno a che fare con la vita quotidiana dei cittadini. Una nuova classe dirigente rappresentativa e formata.
Per poter intervenire più efficacemente nel contesto regionale costruendo un’alternativa politica credibile ed autorevole, occorre innanzitutto porre mano ad azioni interne alla Comunità del Partito Democratico volte a realizzare un effettivo rinnovamento della propria classe dirigente, a partire dai Circoli, fino ad arrivare alle Segreterie regionali. Questo processo, da non confondere con una sterile ed inopportuna “rottamazione”, dovrà essere condotto mediante una reale selezione del capitale umano da promuovere ed indirizzare verso quelle cariche dirigenziali, politiche ed amministrative allo scopo di costruire una comunità nella quale prevalga lo spirito di servizio e, le legittime aspirazioni individuali, vengano incanalate in modo virtuoso e non più egoistico.
Una formazione attiva e costante sulle diverse tematiche con le quali, sia il dirigente di partito, sia l’amministratore, sono tenuti a confrontarsi, rappresentano la chiave di volta sulla quale incrementare la qualità del capitale politico del Partito, ma anche di tutti gli iscritti, attraverso la realizzazione di occasioni di dibattito e di studio.
Una rinnovata Scuola di Formazione politica regionale potrebbe favorire la diffusione e l’affermazione di un rinnovato approccio e metodi basati esclusivamente sulle competenze e sul merito.
E poi, Circoli aperti in un partito aperto. A partire dalla sua base, formata appunto dai Circoli, il PD deve essere davvero un soggetto aperto, predisposto all’accoglienza e al dialogo con altri soggetti attivi sul territorio. Per esserlo proponiamo la condivisione degli spazi di ritrovo. Creiamo una rete di “Circoli aperti”, mettiamo a disposizione delle associazioni, di organizzazioni e reti di persone le sedi di cui il PD dispone: dall’uso del medesimo spazio è naturale passare allo scambio di opinioni e di idee. Potremo dialogare con molteplici realtà che insistono sullo stesso territorio e, al contempo, potremo rafforzare la presenza sul territorio.
Le feste dell’Unità. La politica deve tornare a coinvolgere, appassionare e divertire. Nella nostra regione le Feste dell’Unità sono state non solo un modo per finanziare dal basso l’attività del partito, ma anche una grande occasione per dibattere, fare comunità e creare socialità. Esse rappresentano da sempre un’occasione per riunire il popolo democratico, consentire il confronto politico, far avvicinare per la prima volta giovani e non che attraverso le feste conoscono il partito e magari decidono di entrare a farne parte. Ci sono formule ormai consolidate nel tempo, altre da riattivare, formule nuove da inventare, consapevoli di poter contare su un patrimonio di volontarie e volontari che non può essere disperso e che va al contempo coinvolto e valorizzato.
Un partito di iscritti e di cittadini che ritrovi lo spirito originario del tesseramento, di appartenenza ad una organizzazione a cui si intende contribuire con spirito libero e disinteressato. Un partito che sperimenta nuove forme di sostegno. Le raccolte fondi non possono essere un attività estemporanea condotta a ridosso delle campagne elettorali, ma devono diventare un aspetto della forma organizzativa costitutivo di ogni singola mobilitazione.
Un partito aperto, inclusivo e partecipato. Aperto ed inclusivo verso coloro che ne vogliono essere partecipi, verso tutto quel mondo che sta fuori dal Partito Democratico, ma lo guarda con rispetto e fiducia. Accoglienti verso chi, dentro al Partito Democratico, ci sollecita e ci offre stimoli dai quali trarre energia da indirizzare al cambiamento. Coloro che popolano e animano i nostri Circoli, devono sentirsi partecipi delle decisioni del partito e soprattutto della formazione del suo pensiero e del suo modo di essere. Iscritti ed elettori devono essere consultati anche in forme nuove, usando al meglio le tecnologie della comunicazione, e al contempo facendo vivere in modo innovativo i luoghi più tradizionali del confronto. Un partito consapevole di rappresentare una pluralità di pensiero e di sensibilità che convivono al proprio interno.
Un partito giovane e delle Donne. I Giovani Democratici rappresentano un ponte indispensabile per allargare le maglie del Partito Democratico. In questi anni, da quella realtà sono arrivate sollecitazioni importanti, che in questo Congresso regionale sono emerse in modo chiaro e forte. Quei giovani hanno evidenziato tematiche nuove e hanno contribuito alla formazione del pensiero del Partito Democratico. Nello stesso tempo, stanno emergendo personalità forti e generose di ragazze e ragazzi che sono un grande patrimonio per il PD, indispensabili per la sua crescita, e non solo come articolazione organizzativa.
La Conferenza regionale delle Donne Democratiche ha dato in questi anni un forte impulso al partito per trattare aspetti fondamentali per chiunque si riconosca nei valori del Partito Democratico. Continuiamo a sostenere con forza il loro operato: mettiamo la Conferenza delle Donne Democratiche nella condizione di poter discutere e proporre iniziative che rafforzino pari diritti e pari dignità per le cittadine e i cittadini.
Vogliamo un partito di gente per bene. La correttezza morale non si acquisisce per eredità né può essere riconosciuta a prescindere. Va dimostrata ogni giorno, attraverso comportamenti coerenti con quei valori di onestà, rettitudine e disciplina che i cittadini ritengono imprescindibili in chi ha l’ambizione di volerli rappresentare. Dobbiamo essere in prima linea nella lotta alla corruzione, cancro della nostra città, negazione del merito e primo fattore nel processo di distruzione della credibilità della politica e delle istituzioni, di cui tanti si fanno promotori, pagando le conseguenze di coloro che agiscono in assenza di rettitudine.
INSIEME, VOLTIAMO PAGINA
Abbiamo dunque un progetto che muove dalla idee che abbiamo fin qui presentato e intorno alle quali ricostruiremo il partito di tutti. Il congresso non sarà un traguardo ma un inizio: rappresenterà il taglio del nastro. Il lavoro comincerà il giorno dopo.
Servirà subito una conferenza programmatica, per parlare a tutti gli umbri, e una organizzativa, perché il PD, dopo gli scandali del passato e un anno e mezzo di commissariamento, non ha più una struttura.
Ci rimboccheremo le maniche e la ricostruiremo insieme, perché è da qui che passa il futuro del Partito Democratico e dell’Umbria.