Ecco perchè la festa della Liberazione è per tutti. ‘Bella ciao’ anche per chi non la sa

PDCdP

Walter Verini, Parlamentare Pd (da Umbria24.it)

In un momento incredibilmente particolare, il Paese celebra, ricorda e festeggia il 25 Aprile. Anche noi lo faremo partecipando nelle nostre città a cerimonie simboliche insieme ai sindaci, alle autorità istituzionali e alle associazioni partigiane, davanti ai simboli, monumenti e stele che ricordano la liberazione dal nazifascismo. Lo faremo poi alle 15, quando milioni di italiani si uniranno insieme per cantare Bella Ciao , aderendo ad una bella idea dell’Anpi, di Michele Serra, Carlo Petrini, Gad Lerner. Puntualmente qualcuno – il recidivo La Russa – anche quest’anno ha provato a cancellare il 25 Aprile. Ma il 25 Aprile non si può cancellare. Perché è la festa di tutti, anche di coloro che lo detestano o sopportano. Perché è grazie alla Liberazione che anche i La Russa possono parlare e dire le loro strampalatezze democraticamente sgrammaticate.

È proverbiale la risposta che un gigante dell’antifascismo e della democrazia come Vittorio Foa, confinato dal regime, diede all’ex repubblichino Pisanò, che dopo la Liberazione, in Parlamento, gli tese la mano come gesto di “pacificazione”. La mano anche Foa gliela tese, affermando però: ‘Caro Pisanò, se siamo in un libero Parlamento è perché ha vinto la mia parte, la democrazia e tu puoi essere parlamentare. Se avesse vinto la tua, io invece sarei ancora in galera’. Ecco perché il 25 Aprile non si cancella. Anzi, i valori che ne stanno alla base devono essere attualizzati. Non si celebrano la Resistenza e la Guerra di Liberazione solo per onorare la memoria dei martiri della Resistenza, dei partigiani di ogni colore e ideale politico, dei ragazzi condannati a morte e delle loro strazianti e straordinarie lettere. Non solo per ricordare e onorare le vittime delle leggi razziali e dei lager nazisti. Certo, lo si fa per questo. Ma lo si fa anche perchè certi rischi sono ancora attuali.

L’antisemitismo dilaga, nella rete e non solo. Episodi di razzismo, intolleranza, omofobia, inondano le cronache quotidiane, in Europa, in Italia. Viviamo il tempo dell’odio – contro il diverso, l’avversario che torna ad essere nemico – delle paure che si trasformano in rabbia. Giornalisti liberi e coraggiosi sono minacciati da pericolosi gruppi neonazisti (penso a Paolo Berizzi) e altri dalle mafie e dalle organizzazioni criminali (da Saviano a Borrometi, da Federica Angeli a Carlo Verdelli). In giro per il continente e dintorni ci sono Paesi dove la democrazia è già ferita, con Parlamenti ridotti al silenzio, giornalisti e magistrati incarcerati. Insomma, la democrazia non è una conquista per sempre. Va difesa ogni giorno, va fatta vivere e soprattutto fatta funzionare. Noi tutti temiamo il “dopo” Coronavirus, per le drammatiche ricadute sociali che la pandemia ha e avrá, nonostante tutti gli sforzi che l’Europa e l’Italia possono, devono, potranno, dovranno fare.

Nessuno dovrà restare solo. I più deboli e fragili, i vecchi e nuovi poveri. I milioni di commercianti, artigiani, professionisti e imprenditori di ogni settore messi in ginocchio. Se la democrazia non riuscirà a dare prestissimo risposte, c’è il rischio che la fiducia dei cittadini si trasformi in sfiducia negli istituti democratici che settantacinque anni fa costarono sacrifici, sangue e vita alla parte migliore dell’Italia. Sfiducia sulla quale, come avvoltoi, piomberebbero coloro che tutto sommato considerano la democrazia un optional, un fastidio, un ingombro.

Ecco, per noi il 25 Aprile 2020 significa soprattutto questo. Che è il modo migliore per onorare gli ex partigiani viventi, quelli che non ci sono più (ciao, Babbo!). Ricordo ancora con emozione quando, cinque anni fa, la presidente Boldrini accolse la nostra proposta di celebrare il Settantesimo della Liberazione invitando a sedere sugli scranni della Camera i legittimi “proprietari” di quei banchi: i partigiani alla soglia dei novanta anni. Ne vennero tanti, quasi duecento. C’era anche Enrico Angelini, il partigiano folignate che ci ha lasciato e che, proprio cinque anni fa emozionò l’Italia andando da solo a cancellare una scritta infamante i martiri di un eccidio fascista a Cascina Radicosa, sulla montagna sopra Foligno. Fu, quel giorno alla Camera, una intensa, straordinaria pagina democratica. Con loro, con il presidente della Repubblica nata dalla Costituzione di cui ricordo il bellissimo abbraccio ad Angelini. Ecco, cantare Bella Ciao, significa tutto questo e ancora di più. Anche per quelli che non lo sanno.

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